Nel frattempo la Disney si scusa per Gli Aristogatti: il gatto siamese Shun Gon appare “come una caricatura razzista dei popoli dell’Asia orientale con tratti stereotipati esagerati come occhi a mandorla e denti da coniglio. Canta in un inglese poco accentato, doppiato da un attore bianco, e suona il piano con le bacchette. Questa rappresentazione rafforza lo stereotipo dello ‘straniero perpetuo’, mentre il film presenta anche testi che deridono la lingua e la cultura cinese”.
Anche Dumbo (1941) è sotto accusa: la scena dei corvi fumatori di sigari non va bene… e anche Il libro della giungla (1967), poiché gli oranghi sarebbero una caricatura degli afro-americani.
D’ora in poi i suddetti film di animazione, prima di essere riprodotti, dovranno riportare un avviso in cui si specifica che i temi trattati appartengono a una rappresentazione del mondo ormai passato.
Il fatto che si renda necessario specificare tutto questo, mi sembra molto più grave di tutto il resto.
I tentativi di negare o nascondere una realtà – seppure passata e lontana – non portano mai a niente di buono. Negare i soldatini nega l’esistenza della guerra? Allora che facciamo con i videogiochi? Con i libri, i film, le fotografie? Internet? O davvero siamo così ingenui da credere che i bambini del 2000 abbiamo come loro punto di riferimento formativo solo i mattoncini Lego?
Il bisogno di dover “guidare” il fruitore di un contenuto culturale verso una direzione mi infastidisce e mi spaventa. Un po’ come dire a un turista che sta guardando il David di Donatello: “Bello vero? Però è solo una statua eh?”
Insomma, tutto puzza troppo di un perbenismo che mira solo ad aumentare i consensi intorno al marchio, e a zittire persone troppo polemiche che – grazie ai Social – moltiplicano la propria efficacia comunicativa.
Il marketing perbenista. Chiedo scusa ma faccio davvero fatica a digerirlo.
Noi raccontiamo storie comuni, di fallimento e di successo, e lo facciamo perché queste storie ispirano noi e i nostri clienti.
Sono storie di coraggio, ci aiutano a comprendere che non siamo mai davvero soli quando affrontiamo le sfide della vita: in qualche luogo o in qualche tempo, esiste o è esistito qualcuno che si trova nella nostra stessa situazione.
Questa sensazione si trasforma in empatia, in relazione… e ci fa sentire meno soli. Siamo interconnessi, siamo strade che si incrociano continuamente. Le storie viaggiano lungo queste strade.
Possiamo continuare a correre ma possiamo anche fermarci, di tanto in tanto, per comprendere chi si muove insieme a noi. Noi siamo disposti a fermarci per ascoltare la tua storia, se hai voglia di farlo anche tu… fermati e raccontacela.
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