Addio a Carlo Mazzone. Tra trionfi e retrocessioni, la passione per il calcio
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Ci lascia uno dei più grandi allenatori italiani di tutti i tempi, Carletto Mazzone, all’età di 86 anni.
Carlo Mazzone è un nome che, per molti appassionati di calcio, evoca ricordi di una delle figure più iconiche e amate del panorama sportivo italiano. La sua carriera, costellata di successi e delusioni, lo ha reso un personaggio controverso, ma senza dubbio memorabile.
Gli esordi da calciatore
Nato a Roma nel 1937, Mazzone ha iniziato la sua carriera calcistica come centrocampista nell’Ascoli. Tuttavia, dopo una serie di infortuni che ne hanno compromesso la prestazione, ha deciso di abbandonare l’attività agonistica e di intraprendere quella di allenatore.
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Il primo incarico di Mazzone è stato quello di allenatore della Scafatese, una squadra di Serie D. Nonostante il modesto livello della squadra, Mazzone ha dimostrato subito di avere un grande talento per la gestione dei giocatori e per la costruzione di squadre vincenti. Nel giro di pochi anni, la Scafatese è riuscita a conquistare la promozione in Serie C, grazie anche alla leadership del suo allenatore.
Il successo ottenuto con la Scafatese ha fatto guadagnare a Mazzone una reputazione di allenatore capace e apprezzato, tanto che molte squadre di Serie B e Serie A si sono interessate a lui. Nel 1982, Mazzone ha firmato per il Bologna, dove ha dimostrato di essere un allenatore in grado di fare la differenza. In due stagioni, il Bologna è riuscito a raggiungere la finale della Coppa Italia, sconfiggendo squadre del calibro di Juventus e Inter.
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Tuttavia, nonostante il successo ottenuto con il Bologna, la carriera di Mazzone ha conosciuto anche momenti difficili. Nel 1985, infatti, il suo Cagliari è retrocesso in Serie B, causando la sua inevitabile dimissione. In seguito, Mazzone ha allenato altre squadre di Serie A, tra cui la Roma, la Lazio e l’Atalanta, senza però riuscire a replicare i successi ottenuti con il Bologna.
Nonostante le difficoltà incontrate, Carlo Mazzone ha continuato a lavorare con passione e dedizione nel mondo del calcio, dimostrando di essere un allenatore capace di adattarsi a situazioni diverse e di motivare i suoi giocatori. Nel 1996, ha ottenuto un altro grande successo con la Fiorentina, portandola alla qualificazione alla Coppa UEFA.
Il rapporto con i tifosi
Durante una partita contro la Lazio nella stagione 98-99, il Brescia era sotto di un gol ed era stato assegnato un rigore alla squadra romana. In quel momento, i tifosi del Brescia, che erano noti per la loro passione e il loro sostegno alla squadra, iniziarono a fischiare il loro portiere, Alessandro Nista, che si preparava a parare il rigore.
Mazzone, irritato dall’atteggiamento dei tifosi, corse verso la curva, alzando le braccia e chiedendo ai tifosi di smettere di fischiare. La sua reazione inaspettata sorprese tutti e il pubblico cominciò a applaudire l’allenatore, che aveva dimostrato il suo attaccamento alla squadra e la sua passione per il calcio. Dopo l’episodio, il Brescia riuscì a pareggiare la partita e a salvarsi alla fine della stagione.
Quella corsa iconica sotto la curva dell’Atalanta
30 settembre 2001. Carlo Mazzone era l’allenatore del Brescia e la squadra stava giocando il derby contro l’Atalanta. L’attaccante Roberto Baggio, il Divin Codino, porta il Brescia in vantaggio, ma i festeggiamenti durano troppo poco, e l’Atalanta ribalta completamente il risultato segnando 3 gol. Così hanno inizio gli insulti dei tifosi dell’Atalanta contro Carlo Mazzone e la sua famiglia. Baggio segna il secondo gol, poi il terzo. A quel punto – come racconta Mazzone – il blackout: Carletto inizia una corsa inarrestabile verso la curva dell’Atalanta e pronunciò la frase che sarebbe entrata nella storia del calcio italiano: “State zitti, infamoni!”
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Oggi, Carlo Mazzone è considerato uno dei più grandi allenatori italiani di tutti i tempi, capace di vincere ovunque abbia lavorato. La sua carriera, costellata di alti e bassi, è un esempio di come la passione, la dedizione e il talento possano portare a grandi successi, ma anche a grandi delusioni. Tuttavia, ciò che conta veramente è la capacità di imparare dagli errori e di ripartire con rinnovata energia e determinazione.