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Quando il marketing incontra il pancione: la lezione social di Giulia De Lellis

5 Maggio 2025
Quando il marketing incontra il pancione: la lezione social di Giulia De Lellis

Quando il marketing incontra il pancione: la lezione social di Giulia De Lellis. Un post di gravidanza che diventa strategia comunicativa potente.

Quando il marketing incontra il pancione: la lezione social di Giulia De Lellis. Una frase che, a prima vista, potrebbe sembrare cinica. Ma se la si osserva con attenzione, con gli occhi di chi lavora nel mondo del web marketing e della comunicazione, diventa qualcosa di molto più profondo. Diventa lo spunto per ragionare su quanto i confini tra privato e strategia si siano fatti sottili, e su come oggi le emozioni siano il veicolo più potente per costruire un’identità online. Perché la comunicazione funziona davvero quando è vera. O, almeno, quando sembra esserlo.

Non c’è nulla di banale nell’annuncio con cui Giulia De Lellis ha condiviso la notizia della sua gravidanza. Il gesto, pur personale, è stato raccontato attraverso un linguaggio visivo e testuale capace di toccare corde molto precise. Lo sfondo è bianco, il pancione è scoperto, la mano di lui è presente ma discreta. E poi quella frase, semplice e potente: “Le tue ragazze”. Tre parole che raccontano tutto. L’amore, la maternità, la complicità. Il tutto condiviso con milioni di follower, in un tempo preciso, con un messaggio costruito per essere virale, ma anche delicato.

Il valore di un contenuto non è solo nella sua autenticità, ma nella sua capacità di attivare connessioni.

Ed è proprio qui che il post di Giulia diventa una case history interessante per chi, come noi di Musa Studio, lavora ogni giorno per aiutare i brand a comunicare. Perché quel contenuto non vende nulla, ma dice tutto. Non invita all’azione, ma genera coinvolgimento. Non fa product placement, ma costruisce un universo emotivo. È una narrazione che funziona perché conosce il suo pubblico, perché sa parlare il suo linguaggio, e perché – pur essendo personale – è anche profondamente strategica.

In un’epoca in cui tutti parlano di autenticità, pochi riescono davvero a raccontarla senza renderla artificiosa.

Giulia De Lellis ci riesce, o almeno ci riesce benissimo in questo post. E lo fa con un tempismo che non è casuale. L’annuncio arriva dopo mesi in cui la relazione con Tony Effe era oggetto di curiosità, gossip, silenzi e ricostruzioni. Il momento è perfetto. Ma non perfetto in modo calcolato e rigido: perfetto in modo umano. Questo è il vero colpo di genio comunicativo. Non si tratta solo di dire qualcosa, ma di scegliere quando, come, e soprattutto con quale tono. E in quel tono, Giulia ha messo tutte le sfumature giuste: dolcezza, sicurezza, vulnerabilità.

La vulnerabilità, oggi, è un potente strumento di branding.

Ma attenzione: non stiamo parlando di debolezza. Al contrario. Mostrarsi vulnerabili, oggi, è spesso un atto di potere. Perché significa scegliere di condividere ciò che, fino a ieri, era considerato intimo. Significa dire: “Questo è il mio mondo, e ve lo affido”. E se lo si fa con coerenza e consapevolezza, quel mondo diventa un magnete emotivo potentissimo. I follower non sono più solo spettatori, ma parte attiva di una storia. Non è un caso se, nei commenti sotto il post, abbondano le parole “piango”, “emozione”, “grazie”. È la narrazione che commuove, ma è anche la regia a renderla possibile.

Le storie che funzionano, nel marketing, sono quelle che sanno farsi leggere su più livelli.

Da un lato c’è il racconto privato. Dall’altro c’è la costruzione pubblica di una figura che sa gestire la propria immagine con equilibrio. E poi c’è il piano simbolico. Quel pancione mostrato, quella frase rivolta a lui, quella composizione quasi editoriale dell’immagine, ci parlano di un modo nuovo di comunicare affetto, famiglia, identità. Non è più tempo di grandi dichiarazioni, di hashtag costruiti a tavolino, di pose plastiche. È tempo di storytelling fluido, che non divide più il brand dalla persona, ma li fa coincidere.

Nel caso di Giulia De Lellis, la persona è il brand. E ogni gesto, ogni post, ogni silenzio, contribuisce a rafforzarne la coerenza narrativa.

È per questo che possiamo parlare di una vera e propria lezione di comunicazione. Perché ciò che appare semplice è in realtà il frutto di un lavoro – consapevole o istintivo poco importa – che ha alla base una chiara visione di sé. E questo, per un brand, è tutto. Perché non c’è storytelling senza identità. E non c’è identità che possa esistere senza una relazione autentica con il pubblico.

C’è anche un altro aspetto interessante, che riguarda il ruolo del corpo nella comunicazione.

Il corpo di Giulia, in questo caso, non è solo oggetto dello sguardo. È soggetto del racconto. È il tramite con cui si dice qualcosa di più grande: la maternità, la trasformazione, la tenerezza. In un mondo in cui l’esposizione fisica è spesso ridotta a strumento di visibilità vuota, qui il corpo diventa portatore di senso. E questo è un segnale importante, soprattutto per chi lavora nella comunicazione visiva: l’immagine è potente quando ha un’anima. Quando racconta qualcosa che va oltre l’apparenza.

E infine c’è un’altra parola che in tutto questo non possiamo ignorare: community.

Perché il successo di un contenuto del genere non si misura solo in like o condivisioni. Si misura in risonanza. Nella capacità di far sentire le persone coinvolte, vicine, partecipi. La community di Giulia non è solo un pubblico, ma una rete emotiva. Una tribù digitale che condivide esperienze, emozioni, momenti. E che riconosce in lei non solo un’influencer, ma una figura di riferimento. Questo, per un brand, è l’obiettivo più alto: essere riconosciuti non per ciò che si vende, ma per ciò che si rappresenta.

Dunque sì, possiamo dirlo senza paura: il pancione di Giulia De Lellis è stato anche un gesto di marketing.

Ma non nel senso freddo e calcolatore del termine. È stato un gesto capace di unire storytelling, autenticità, estetica, tempismo e valore relazionale. Tutti ingredienti che noi di Musa Studio riteniamo fondamentali in ogni progetto di comunicazione. Perché oggi, più che mai, i brand devono imparare a raccontarsi con verità. A usare il linguaggio delle emozioni senza manipolarlo. A costruire legami, prima ancora che strategie.

Se pensi che certe cose valgano solo per le celebrity, forse è il momento di cambiare prospettiva insieme a noi di Musa Studio. Perché ogni brand – piccolo o grande – può imparare da una storia come questa. E scoprire che, a volte, è proprio nella delicatezza di un gesto che si nasconde la forza di un messaggio.

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