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Macron comunicazione d’immagine: il gesto che ha trasformato uno schiaffo in un caso globale

30 Maggio 2025

Macron comunicazione d’immagine: quando un istante privato diventa un problema pubblico

Macron comunicazione d’immagine: bastano tre secondi davanti alla scaletta di un aereo per stravolgere anni di strategia narrativa. Lo abbiamo visto accadere sotto gli occhi del mondo con il gesto improvviso — chiamiamolo “schiaffo”, oppure “scatto di tensione” — che Brigitte Macron ha riservato al marito proprio mentre il portellone presidenziale si apriva in Vietnam. Una manciata di secondi che hanno fatto il giro del mondo, scatenando reazioni, ipotesi, ironie e analisi. E che, per noi che lavoriamo con la comunicazione, sono un’occasione straordinaria per riflettere.

Macron comunicazione d’immagine

Perché in ogni contenuto che creiamo per i nostri clienti, anche se non si tratta di politici sotto i riflettori planetari, si gioca sempre una partita simile: quella tra ciò che vogliamo comunicare e ciò che viene percepito.

La perfezione comunicativa non esiste: esiste solo il controllo apparente

Quello che colpisce dell’episodio Macron non è il gesto in sé. A chi non è mai capitato un battibecco in coppia, magari nel momento meno opportuno? Quello che lo rende esplosivo è il luogo, il tempismo e la narrazione che lo circonda. Un presidente, una first lady, una scaletta d’aereo e decine di obiettivi puntati. È una scena che sembra uscita da una serie TV politica — ma è reale. E proprio per questo ancora più potente, pericolosa e rivelatrice.

Nel nostro lavoro di agenzia, sappiamo quanto sia fondamentale costruire una narrazione coerente. Un’azienda che promuove i suoi valori deve poterli trasmettere visivamente, verbalmente, simbolicamente. Eppure, ci scontriamo spesso con la dura realtà: basta un dettaglio fuori copione per mandare tutto in crisi.

In questo senso, Macron comunicazione d’immagine diventa un esempio perfetto. Non esiste strategia infallibile se non siamo pronti a gestire anche gli imprevisti.

Quando la spontaneità si scontra con l’immagine pubblica

Ci sono due modi di affrontare la comunicazione: uno è quello del controllo assoluto, l’altro è quello della verità emotiva. Spesso le aziende ci chiedono di poter apparire più “autentiche”, ma poi si spaventano alla prima incrinatura. In fondo, cos’è l’autenticità se non un margine di imperfezione?

Brigitte che schiaffeggia (o accarezza maldestramente?) il marito è un momento umano. Ma nel contesto istituzionale, diventa un boomerang. E qui scatta la riflessione: quanta verità può reggere l’immagine di un leader? E quanta ne può reggere un marchio?

Perché nel mondo digitale ogni gesto può essere catturato, montato, condiviso, trasformato in meme o in motivo di indignazione. Tutti siamo sotto i riflettori, anche quando crediamo di non esserlo. E chi comunica — un politico, un imprenditore, un’azienda — deve tenerne conto.

Crisi o opportunità? La narrazione si gioca dopo il gesto

Il gesto in sé è solo l’inizio. È la reazione successiva a determinare il peso comunicativo dell’evento. L’Eliseo prima smentisce. Poi ammette. Poi minimizza. Ma ormai è troppo tardi: l’opinione pubblica ha già deciso che qualcosa è accaduto. Ed è lì che entra in gioco la vera abilità comunicativa: non tanto nel prevenire la crisi, ma nel gestirla con coerenza e lucidità.

Nel nostro lavoro, lo vediamo ogni volta che un cliente affronta un commento negativo, una recensione velenosa, una polemica online. Possiamo nascondere? Negare? O è meglio accogliere, spiegare, restituire contesto?

Il fuori programma ci mostra che la gestione è tutto. E che, paradossalmente, la verità è spesso l’unico scudo credibile.

Macron comunicazione d’immagine

Empatia contro potere: due linguaggi che non si parlano mai davvero

Un altro aspetto affascinante di questa storia è l’inevitabile attrito tra il potere istituzionale e la dimensione emotiva. Macron rappresenta la Francia, il prestigio, la retorica, il comando. Brigitte rappresenta — in quel momento — la vulnerabilità, la frustrazione, forse il disaccordo.

La combinazione di questi due registri crea un corto circuito. Perché il potere non può permettersi di essere visto come fragile. Eppure, è proprio la fragilità a rendere più umana la leadership.

Ecco allora che la narrazione si complica: perché se Macron si fosse mostrato scosso, sarebbe apparso debole. Se avesse reagito con freddezza, sarebbe stato arrogante. In entrambi i casi, qualcuno avrebbe storto il naso. È la trappola perfetta della comunicazione pubblica.

Cosa imparano le aziende da tutto questo?

La domanda è semplice, ma la risposta è delicata: quanto possiamo mostrare di noi stessi senza perdere autorevolezza?

Un’azienda che si racconta con sincerità, che ammette gli errori, che mostra il dietro le quinte… è davvero percepita come autentica? O rischia di apparire incerta, non professionale?

La risposta, come sempre, sta nella coerenza. Se il tono del tuo marchio è empatico, umano, diretto, allora anche una crepa può essere un punto di forza. Ma se comunichi solo perfezione, performance, infallibilità… allora anche un piccolo errore può diventare una frattura.

Questa scena è una metafora viva: il racconto costruito ha senso solo se regge anche nei momenti di tensione.

Macron comunicazione d’immagine – Noi di Musa, davanti alla scaletta

A noi di Musa piace pensare che ogni cliente sia come un Presidente alla scaletta: pronto a scendere sotto i riflettori, con dietro di sé mesi di preparazione, strategie, contenuti. Ma anche con le sue emozioni, la sua storia personale, le sue tensioni.

Il nostro lavoro è accompagnarlo, senza giudicare, ma aiutandolo a capire che ogni gesto, ogni parola, ogni silenzio parla. E che l’autenticità non è mostrare tutto, ma scegliere cosa mostrare e come farlo con consapevolezza.

La scena tra Emmanuel e Brigitte, così effimera eppure così potente, ci ricorda che non esistono contenuti “minori”. Che tutto è comunicazione, anche i dettagli. E che la vera forza sta nella capacità di leggere, interpretare e trasformare ciò che accade in significato.

Macron comunicazione d’immagine

Il pubblico non dimentica, ma perdona

C’è un ultimo punto che non possiamo ignorare: la memoria del pubblico è lunga, ma non inflessibile. Un errore comunicativo, se gestito con intelligenza, può diventare un’occasione. Persino un gesto imbarazzante può rivelare una verità che il pubblico apprezza.

L’importante è non scivolare nel vittimismo, né nella negazione. Ma aprire un dialogo, rispondere, raccontare. Anche Macron, con il suo sorriso forzato e il saluto imbarazzato, ha fatto in fondo quello che tutti noi facciamo quando qualcosa ci sfugge di mano: ha cercato di recuperare la scena.

E se lo può fare un presidente, può farlo anche un’impresa. Con l’aiuto giusto, con le parole giuste, con il racconto giusto.

Questo episodio non è solo un caso virale. È un promemoria: ogni giorno, tutti noi, siamo sulla scaletta di un aereo. Sta a noi decidere che immagine vogliamo lasciare quando si apre il portellone.

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