Intervista doppia a Matteo e Moreno
Intervista doppia ai fondatori di Musa Studio. Può essere utile, per chiunque di noi, provare a rispondere alle stesse domande: dietro qualsiasi attività imprenditoriale c’è prima di tutto la persona. A volte è utile fermarsi un attimo e fare un punto, su sé stessi e sul percorso fatto finora, per capire se si è ancora focalizzati sugli stessi obiettivi.
Se dovessi trovare un singolo tratto del tuo carattere che sei riuscito a trasmettere alla tua azienda, quale sarebbe?
MORENO: La costanza. Gli obiettivi di lungo termine si raggiungono solo così: strutturando il lavoro e pianificando singoli obiettivi in maniera costante. Superando gli ostacoli e cercando nuove strade, sempre in funzione del raggiungimento della meta prefissata, l’obiettivo di lungo termine.
MATTEO: Il cuore. Qualsiasi cosa faccio, come la musica, lo sport… ogni progetto della mia vita, io lo prendo sempre a cuore. Lo faccio anche con il lavoro e con i clienti. Abbiamo detto di no ad alcuni di loro anche per questo motivo: non avrei messo abbastanza cuore nel progetto.
Un episodio della tua vita, lontano nel tempo, che ora puoi collegare al presente.
Un antico presagio, un segnale, un sintomo… di quello che poi sei realmente diventato oggi. Una sorta di chiusura del cerchio.
MORENO: Si tratta di più episodi, tutti collegati al forte disagio che provavo prima di fare un colloquio di lavoro o prima di inviare un curriculum.
Parlo di disagio perché solo adesso riesco a dargli un significato più preciso: ora ho la piena consapevolezza che quella non era la strada giusta.
La creatività è il mio mondo, se qualcuno mi chiude all’interno di quattro mura, affidandomi un compito ripetitivo e monotono distrugge tutte le mie capacità.
Capacità che invece ho imparato a mettere al servizio dei miei clienti e, perché no, a farne un mestiere.
MATTEO: Sono sempre stato un creativo, ho sempre avuto uno spiccato senso estetico delle cose.
La mia tendenza, fin da piccolo, è sempre stata questa: creare qualcosa di nuovo da qualcosa di preesistente.
Ricordo un esercizio di arte che facevamo a scuola: dovevi prendere una foto piccola metterla al centro del foglio bianco e poi continuare quella foto.
Questa cosa l’ho poi trasferita nella musica: prendevo ad esempio un pezzo di Mozart e aggiungevo dell’altro creato da me.
Questa cosa oggi la riporto nel mio lavoro: si parte da un progetto, quello del cliente, e in seguito si trasforma in qualcos’altro.
Quando hai capito che ce l’avresti davvero fatta? Che la strada era quella giusta?
MORENO: Quando ho iniziato a fare le cose con lo spirito di chi non ha più niente da perdere. Senza la paura di essere licenziato, senza la paura di dover dimostrare ogni giorno quanto valessi.
Da quel momento ho iniziato a essere me stesso. E i miei clienti se ne sono accorti.
MATTEO: Quando mi sono licenziato. Meglio: quando ho scoperto di avere il coraggio di licenziarmi.
La cosa che ti piace di più del tuo lavoro.
MORENO: Conoscere tante storie, tutte uniche.
MATTEO: L’indipendenza. Essa crea libertà, libertà creativa. Il fatto di non avere capi, questo consente di metterci più passione… ti permette di sbagliare.
Ed è importantissimo anche sbagliare.
Descrivi qualcosa che è utile per il tuo lavoro, ma che non lo hai imparato studiando o facendo questo lavoro.
MORENO: Sono nato e cresciuto in periferia, in quartieri un po’ “difficili”.
Ho imparato a capire quando un uomo sta puntando tutto sul suo lavoro, quando ogni singolo euro guadagnato è davvero importante per la sua vita.
Ho imparato a conoscere la volontà di sopravvivere. Questa non la insegnano all’università.
MATTEO: La musica, perché si sviluppa in maniera completamente emotiva.
Il nostro lavoro, per quanto creativo possa essere, presuppone logica e controllo. Invece la musica è libertà, ti accende il cuore.
Essa è nutrimento per la mia libertà creativa, il mio allenamento per il lavoro, anche suonare durante il lavoro mi aiuta a resettare e a ritrovare la concentrazione o a guardare le cose da un’altra prospettiva.
Raccontaci i momenti più divertenti del tuo lavoro.
MORENO: Probabilmente le giornate annuali di premiazione del Concorso Letterario sono uno dei momenti in cui ci divertiamo di più.
Tutti i nostri collaboratori lavorano con noi per realizzare l’evento, le cose da fare sono tante ma lo spirito è leggero, non ci sono né capi né responsabilità: tutti sanno che devono fare la cosa giusta al momento giusto.
La filosofia di Musa Studio emerge perfettamente in quei momenti, vorrei che fosse sempre così.
MATTEO: Le chiacchierate confidenziali tra me e il mio socio e con i nostri collaboratori.
Quando lavoriamo tutti in squadra. Quando possiamo rilassarci per celebrare un bel risultato o la chiusura di un lavoro importante.
Racconta la situazione più assurda.
MORENO: Ce ne sono moltissime, legate alle stramberie di alcuni dei nostri clienti.
Clienti che non rispondono al telefono perché convinti che le onde magnetiche dei cellulari danneggiano il loro cervello. Clienti che ti fanno fare dei lavori… e poi scopri che in realtà non sono loro a decidere su nulla, quindi devi rifare tutto da capo parlando con le persone giuste…
MATTEO: Una follia che abbiamo fatto durante un seminario di marketing in cui eravamo docenti: abbiamo proiettato una foto di 15 anni fa in cui Moreno, con una parrucca bionda, prova a spaccarmi una chitarra in testa.
Lo abbiamo utilizzato per introdurre Musa Studio e spiegare il nostro lavoro a una platea di oltre 200 persone.
Moreno non sapeva che lo avrei fatto davvero!
Racconta la situazione più triste.
MORENO: I momenti tristi sono quando ti accorgi che la fiducia e l’impegno che avevi riposto in un cliente non vengono compresi.
Quando ti rendi conto che le frustrazioni personali o le problematiche mai risolte di un cliente prendono il sopravvento e si ripercuotono negativamente sul buon andamento di un progetto… allora capisci che la cosa non può funzionare.
Fortunatamente, da qualche anno a questa parte, siamo noi a scegliere con chi lavorare.
Questo è un passaggio decisivo, una svolta che aspettavo da tempo. Non mi piace essere dipendente dal lavoro, figuriamoci dai clienti.
MATTEO: Il momento in cui il cliente vuole fare il lavoro al posto tuo, dicendoti quello che devi fare.
Quando questo accade è triste perché diventi puro esecutore, annullando la tua natura creativa… e significa che il cliente non ha proprio capito niente.
Proseguire il lavoro a quel punto è un po’ come se il cliente si scavasse la fossa da solo mentre tu lo aiuti a morire.