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Le storie di Fabio Petroni e Massimiliano Forlani: così nasce l’Italian Pool Academy

Fabio Petroni, campione di biliardo di livello internazionale, e Massimiliano Forlani, ex musicista jazz e 3D artist impegnato nell’ambito dei beni culturali: entrambi, dopo percorsi paralleli all’insegna della ricerca dell’eccellenza, riversano questo patrimonio di esperienza a beneficio degli allievi della loro accademia.
13 Giugno 2022
italian pool academy

Abbiamo avuto il piacere di incontrare Fabio Petroni e Massimiliano Forlani. Italian Pool Academy è un’accademia di formazione del gioco del biliardo, nata dall’esperienza del plurititolato campione Fabio Petroni e dalle abilità di insegnante di Massimiliano Forlani. Tuttavia, ciò che rende davvero straordinario il loro progetto sono le loro storie.

Iniziamo la nostra intervista.

Fabio e Massimiliano, le vostre storie hanno dell’incredibile, vi andrebbe di raccontarle?

Massimiliano. “Per tanti anni sono stato un musicista Jazz. Dopo circa 25 anni di studio dello strumento e molti concerti nell’ambito del circuito del Jazz romano, è accaduto qualcosa di imprevisto. Sono stato colpito da un disturbo neurologico che si chiama distonia focale: da un giorno all’altro, a causa del troppo stress sullo strumento, la mia mano è come se avesse dimenticato come si suona. Definitivamente. Un’esperienza piuttosto scioccante, dalla quale è piuttosto difficile riemergere senza segni profondi”.

Massimiliano si passa una mano sulla testa, cerca di riordinare le idee prima di proseguire.

“Questo evento ha lasciato una sorta di vuoto dentro di me. Sinceramente non so se il successivo avvicinamento al mondo del biliardo abbia direttamente a che fare con questo; difficile stabilire un rapporto immediato di causa-effetto in questo senso”. 

“Tornando all’interruzione del mio percorso musicale, subito dopo sono stato in grado di reinventarmi in tempi relativamente rapidi, diventando un artista digitale. Il mio campo è quello della rappresentazione tridimensionale fotorealistica. Dal 2006 insegno questa materia presso un’università privata molto conosciuta qui a Roma. L’esperienza dell’insegnamento è stata per me decisiva. Lì ho capito di avere empatia e una predisposizione alla comunicazione. Ho iniziato inoltre a ideare sistemi di insegnamento sempre più leggeri e organizzati, ragionando su come fosse possibile connettere tra loro tutti gli argomenti come se fossero i capitoli di un libro. Mi interessava trasmettere quanto necessario sotto forma di un “racconto”. Le persone ricordano le storie, non le nozioni”.

“Nel 2012 ho fondato una società che opera nel campo della comunicazione e valorizzazione dei beni culturali attraverso le nuove tecnologie. Abbiamo realizzato molte installazioni e contenuti multimediali per sedi museali e archeologiche tra le più importanti del paese e d’Europa”.

“Evidentemente però, tutto questo non mi rendeva completamente soddisfatto. Infatti nel 2016, non avendo praticamente mai giocato a biliardo, ho deciso di iniziare a prendere lezioni, individuando Fabio come mio istruttore: se è vero che la prima molla che aveva fatto pendere la mia scelta sui di lui era stata ovviamente la sua chiara fama di campione, devo dire che, un attimo dopo averlo conosciuto, la suggestione iniziale legata alla sua  abilità è stata sostituita da altre considerazioni certamente più profonde. Mi colpirono il suo spirito di sacrificio e  la sua dedizione al gioco. Aveva un approccio mentale completamente diverso dagli altri giocatori che ho avuto poi modo di conoscere qui in Italia”.

“Dopo poco tempo, ho iniziato a studiare il gioco e soprattutto la tecnica biliardistica con curiosità feroce. In questo senso Internet è una fonte inesauribile di conoscenza. Se si sa da dove attingere, si può arrivare a scoprire in rete veri e propri tesori, più o meno nascosti”.

“E’ ovvio che tutte le mie esperienze pregresse nella musica e nell’insegnamento si sono rivelate provvidenziali. Avevo sviluppano negli anni un vero e proprio sesto senso nell’individuare ciò che “funziona” e nello spiegarmi il perché funzionasse, scartando sin da subito soluzioni campate in aria e leggende metropolitane. L’impostazione, l’allineamento e la meccanica erano diventati i miei campi di indagine”.

Le mie capacità di osservazione e analisi del gesto tecnico si erano talmente raffinate che nel giro di poco tempo Fabio mi ha chiesto di diventare il suo Coach, perché ero capace di perfezionarlo su degli aspetti che qualsiasi giocatore da solo non riesce a vedere. Naturalmente ho accettato con entusiasmo”.

“Dopo pochi anni, l’evoluzione naturale di questo processo ci ha portato all’esigenza di condividere questa grande mole di conoscenze anche col “mondo esterno”. Di qui nasce il progetto Italian Pool Academy”.

Fabio. “Ricordo chiaramente che da bambino mi piaceva il calcio, anzi l’amavo. Sognavo di diventare un campione mondiale e quando notavo uno più bravo di me, volevo diventare più forte di lui. Ero capace di passare ore e ore solo con un pallone tra i piedi. Quello tra me e la palla era un rapporto privilegiato”.

“In quel rapporto io riponevo tutte le mie speranze per il futuro. I sogni sono sempre stati il mio carburante, sin da piccolo. Da questo punto di vista, nemmeno oggi le cose sono cambiate”.

Scoprii presto di avere talento: quello che agli altri costava fatica e sudore a me riusciva piuttosto naturale. Ero semplicemente più bravo della maggior parte dei miei compagni o avversari. Una dinamica che si ripeteva quasi identica a scuola: facendo poco riuscivo comunque a fare bene. Una bella fortuna, certo. Ma ho scoperto col tempo che questa fortuna nascondeva dei pericoli perché non mi incentivava alla disciplina. Mi rendeva difficile maturare”.

Già all’età di 10 anni venni acquistato dalla Lodigiani, chi conosce il calcio sa che si tratta di un vivaio molto importante, ma dopo qualche anno iniziai ad avere delle difficoltà, mi sentivo poco seguito. A 13-14 anni cominciai ad andare a giocare in prestito presso altre squadre. Mio padre, che devo ringraziare per molte cose, per sua natura è sempre stato abbastanza severo e non molto incline agli incoraggiamenti. Devo dire che spesso mi sono sentito solo in quel periodo della mia vita. Ho sentito la mancanza di una vera guida“.

“Il risultato è stato che ho iniziato un po’ a perdermi, nel senso che non volevo più allenarmi ma volevo solo giocare. Questo schema mentale iniziava a danneggiarmi e arrivò presto ad un punto di non ritorno”.

“A diciotto anni, infatti, in occasione della mia prima convocazione in promozione con la squadra del Guidonia, arrivai in ritardo per la partita, giungendo direttamente dalla discoteca. I miei compagni erano già in campo. Mi recai negli spogliatoi ma ero talmente imbarazzato delle mie condizioni che andai via per non tornare più. Non sono sceso in campo quella volta, né in altre occasioni. Tutto ciò mi ha segnato”.

“Capire cosa ha significato il calcio per me e raccontare come è andata a finire quell’esperienza è indispensabile per valutare cosa successivamente ha significato il biliardo. Se non si comprende la prima cosa, è impossibile arrivare a spiegarsi la seconda”.

Il biliardo è stato in tutto e per tutto la mia ultima occasione, la chance da non poter buttare via. Tutto quello che avevo gioiosamente trascurato nel calcio, l’ho rabbiosamente riversato nel biliardo. Voglia di vincere, tantissimo allenamento, disposizione alla sofferenza. Questo è stato per me il biliardo. Non più divertimento, ma rivincita”.

Mi sono avvicinato al gioco per la prima volta all’età di 13 anni. All’età di sedici anni ho cominciato a partecipare a molti tornei. All’inizio non riuscivo ad ottenere risultati, poi a 18 anni mi sono sbloccato e ho iniziato a vincere. Per me a quel punto contava solo vincere”.

“In tutta la prima parte della mia carriera di giocatore ho contato solo e soltanto sul mio talento. Sapevo fare tutto, ma non sapevo come o perché, né sarei stato in grado di spiegare a qualcuno come si faceva”.

A ventuno anni, dopo aver vinto il mio primo campionato nazionale italiano, titolo che mi sarei poi aggiudicato altre dodici volte, sono andato all’estero a scontrarmi con le eccellenze in giro per il mondo”.

A ventiquattro anni, nel ‘96 sono andato in America. Sono partito all’avventura verso Miami, senza tornei in vista, senza sapere dove andare. Ho strappato un foglio dall’elenco telefonico, ho cercato gli indirizzi delle sale da biliardo e mi sono presentato. Iniziavo sempre con la stessa domanda: “Chi gioca?” 

“Vincevo e le voci su di me cominciavano a circolare”.

Dopo l’esperienza americana, continuai a girare per il mondo in cerca di nuove sfide: ho partecipato a molti tornei internazionali, sono diventato vice campione europeo e ho partecipato alla Mosconi Cup (la manifestazione di Pool più seguita a livello mondiale, Europa vs America) all’età di 26 anni“.

Sono arrivato al mondiale del 2002 in piena forma: ero motivato e determinato, sentivo il trofeo già mio! Una sera, durante il torneo, mi chiama il mio manager e  mi dice: “Fabio, qua dicono che ti droghi, che usi cocaina”.

Uno dei partecipanti aveva messo in giro questa voce, ovviamente falsa, riuscendo però a colpirmi nel mio unico punto debole: sono infatti molto vulnerabile alle ingiustizie e alla cattiveria delle persone. Improvvisamente persi tutta la concentrazione e la motivazione. Per me il torneo era finito con quella telefonata”.

Doug Gordon, figura leggendaria del Pool e dello Snooker che era il mio manager, amico e secondo padre, un giorno mi disse: “Fabio, la steccata del peggior giocatore di Snooker è migliore della tua”.

“Mi conosceva da anni ma non mi aveva mai detto una frase del genere. La cosa mi fece riflettere. Quell’affermazione, seppure categorica e magari esagerata, conteneva una quota di verità. Io ero un completo autodidatta, seppure di successo. Fu allora che iniziai a rimettere in discussione la mia tecnica di steccata e la mia impostazione al tavolo“.

“Poco dopo c’è stato l’incontro con Massimiliano che per me è stato importantissimo. Con lui ho approfondito in maniera incredibile tutti gli aspetti della tecnica e della meccanica, imparando a steccare come uno snookerista evoluto“.

Massimiliano ha un carattere molto diverso dal mio. E’ un riflessivo. Con lui, tutto ciò che nella mia vita avevo solo consumato avidamente, senza neanche rendermene conto, ho potuto iniziare a conoscerlo, apprezzarlo, farlo veramente mio. Questo processo non riguarda solo il biliardo, che naturalmente è molto importante per me, ma anche la mia vita come persona”.

“E’ stupefacente osservare dove ero potuto arrivare solo col talento e una forza di volontà al limite dell’autolesionismo, ma oggi ho a mia disposizione altri strumenti, molto più mirati e consapevoli. Ho imparato a costruire, progettare, studiare ciò che voglio per me, un po’ come da sempre è abituato a fare Massimiliano. Il talento deve essere abbinato a qualche forma di disciplina, di pensiero”.

“Questa è la visione che noi vogliamo trasferire ai nostri allievi dell’Italian pool Academy. Lo sport è innanzitutto pensiero”.

Come nasce “Italian Pool Academy”?

Massimiliano. “L’esperienza nasce come sbocco naturale di quel laboratorio che io e Fabio avevamo messo su già da qualche anno a nostro esclusivo beneficio. Ci siamo detti che come quelle cose funzionavano per noi, avrebbero sicuramente funzionato anche per gli altri. Così abbiamo cominciato a formare giocatori seguendo esattamente gli stessi metodi che avevamo usato per Fabio. Quei sistemi che sono oramai rodati nei paesi in cui il biliardo a buche è molto sviluppato. Mi riferisco pricipalmente al Regno Unito e al mondo dello snooker”.

“Oggi l’Italian Pool Academy offre lezioni per singoli o per gruppi di allievi. Non importa il livello di gioco di chi vuole affidarsi a noi. Amiamo lavorare sui principianti assoluti. Sul piano tecnico non hanno “vizi”, sul piano mentale non hanno preconcetti. Per un istruttore questo quadro costituisce una situazione ideale”.

Il nostro lavoro è portare nel mondo del biliardo la consapevolezza di ciò che serve per migliorare giorno per giorno“.

“Se il tuo scopo è diventare un atleta noi ti mettiamo in condizione di esplorare le tue vere potenzialità e non avere blocchi tecnici che ti porterai per tutta la vita”.

“Se il tuo scopo è imparare un gioco e divertirti, ti lasciamo libero di esprimerti restando sempre pronti a riportarti in pista se dovessi uscire di strada, in modo da non farti mai sentire smarrito o inadeguato”.

Fabio. “Secondo me la mia esperienza può essere d’ispirazione alle persone.”

Se un giovane Fabio avesse scoperto come avvicinarsi alle cose, avrebbe migliorato non solo la sua tecnica ma anche la sua attitudine mentale nell’affrontare le sfide difficili che si sono presentate sul suo cammino professionale e di vita. Nella figura di Massimiliano ha trovato una spinta per “rinascere”. Ha ricominciato a lavorare partendo dai fondamentali, ha potuto capire che tutto conta. Che serve armonia e non rottura. Ha imparato ad andare avanti aggiungendo un mattoncino alla volta. A riconoscersi in tutto questo, giorno dopo giorno, senza più perdermi.

“Lo stesso approccio che ho ora con lo sport, l’ho applicato anche alla vita, alla mia sfera privata. Mi sta dando un valore aggiunto enorme e di questo sarò sempre grato a Massimiliano.”

Quali sono i valori e qual è il punto di forza della vostra attività?

Massimiliano. “I nostri valori hanno a che fare con la voglia di comprendere e con la voglia di migliorare quello che si è fatto il giorno prima. La voglia di non lasciare nulla al caso, per quanto possibile. La voglia di costruire un’esperienza di vita intorno al biliardo, e non solo un’esperienza sportiva”.

“Se dovessi descrivere un nostro punto di forza, direi che io e Fabio non ci limitiamo a dire al giocatore cosa andrebbe fatto, ma siamo in grado di spiegare molto chiaramente perché andrebbe fatto. In questo modo le informazioni divengono “princìpi” e creano uno strato di consapevolezza che una semplice nozione tecnica non potrebbe mai realizzare”.

“Essendo il pool un gioco complesso, può essere facilmente “inquinato” dai capricci della nostra mente: irrigidimenti, insicurezze, criticità che puoi superare solo se sai da dove vengono e hai l’esperienza per affrontarle”.

Fabio. “Non ho altro da aggiungere. Se avessi avuto la possibilità di imparare l’approccio appena descritto da Massimiliano, la mia carriera sarebbe stata diversa”.

Qual è l’aspetto che preferite del vostro lavoro?

Fabio. “Per Massimiliano sicuramente insegnare. Per quel che riguarda me… quando gli allievi mettono in buca tutte le palle, ahahahah!”.

“Scherzi a parte, mi diverto quando li vedo migliorare. Quando li vedo contenti, quando li vedo che ci credono, lì è una grande gratificazione. Stiamo facendo lezione, con grandissima soddisfazione, anche a persone anziane che non avevano mai giocato in precedenza e questa è una cosa fenomenale!”

Massimiliano. “Quando le persone ottengono dei netti miglioramenti e hai la chiara percezione che riescono a ottenerli grazie ai tuoi insegnamenti. In sostanza quando ti accorgi che lì c’è la tua mano”.

Come vi vedete tra dieci anni?

Fabio. “Da questa nuova fase della mia vita mi aspetto longevità e tanta qualità per quanto riguarda la mia carriera da giocatore. Mi aspetto inoltre una decisa crescita della mentalità e della tecnica nel mondo del biliardo in Italia grazie alla nostra attività come accademia”.

Massimiliano. “In realtà non riesco a proiettarmi così avanti col pensiero. Quando ho provato a farlo con la musica, la vita mi ha giocato un brutto scherzo. Vorrei per me e Fabio crescita e divertimento. Mi auguro fortemente che il resto possa arrivare da sé”.


Fabio e Massimiliano, grazie per aver condiviso con noi le vostre storie e per il prezioso tempo trascorso insieme. Per maggiori informazioni vi invitiamo a visitare il loro sito www.fabiopetroni.net

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