Il “Divin Codino”, l’uomo capace di puntare in alto
Di sicuro Roberto Baggio, nonostante il suo talento fuori dal comune, a causa dei suoi infortuni, non ha vissuto una carriera felice, eppure è considerato uno dei giocatori più amati in Italia, oltre ad aver vinto due Scudetti, una Coppa Italia e una Coppa Uefa. Partecipa, inoltre, a tre diversi Mondiali (Italia ’90, USA’94, dove sfiora la coppa perdendo la finale ai calci di rigore contro il Brasile, e Francia 98). Nel 1993 vince il Fifa World Player e il Pallone d’oro con la maglia bianconera della Juventus.
Resilienza
La forza di Roberto Baggio risiede nella sua resilienza: cade e si rialza, sempre. Ma se la forza fisica lo rimette in piedi, quella mentale trae origine dalla fede buddista e da una fame di appartenenza e di riconoscimento troppo ignorata a causa di suo padre, personaggio burbero e decisamente anaffettivo nei confronti di suo figlio, convinto di stimolare in questo modo l’etica per l’impegno.
In parte è riuscito nell’impresa, ma i rapporti tra Roberto Baggio e gli allenatori, vissuti come figure paterne, continuavano incessantemente a corrodersi.
Gli anni al Brescia
Fu proprio Carlo Mazzone, a quei tempi allenatore del Brescia, a costruirgli un gioco di squadra ritagliato su misura per Baggio. Per la prima volta avvertì dai suoi compagni una grande stima e fiducia: finalmente sentì di “appartenere” a qualcosa. Fu onorato immediatamente con la fascia da Capitano, giocò dal 2000 al 2004, segnò 45 gol e al termine della sua carriera la dirigenza del Brescia ritirò la maglia numero 10.
Baggio a 37 anni entra nella leggenda del calcio non solo grazie alla stima della sua squadra, ma di tutto il pubblico che ha imparato a perdonare quel maledetto calcio di rigore contro il Brasile. In fondo il Divin Codino ha sempre puntato più in alto!
Forse è proprio questo il senso della fede: credere nell’impossibile!