Crazy Roma: un’esplosione di creatività che non fa rumore
I veri protagonisti di questa mostra siamo noi visitatori, e la mostra ci parla, continuamente.
Lo fa attraverso scritte, gigantesche e luminose, composte da lettere multicolore e al neon.
Aver paura della grandezza del possibile, è una di esse… e ci ricorda di come le emozioni non possano prescindere dal processo creativo: sono parte stessa della rottura, necessaria e inevitabile, che accompagna la riscrittura di un paradigma.
La mostra ci parla attraverso la de-strutturazione degli spazi: il Chiostro del Bramante è stato letteralmente trasformato dalle decine di installazioni pervasive che ridefiniscono i luoghi e la percezione che abbiamo di essi.
La mostra ci parla, infine, attraverso il pensiero stesso degli artisti creatori delle opere. Quello che osserviamo non è (solo) una manifestazione concreta di un significato attribuito all’installazione di per sé: è il pensiero stesso dell’artista, la sua prospettiva, il suo squarcio creativo, la sua follia, che diventa la nostra, in un gioco di scambi tra interprete e interpretante in cui i ruoli si invertono continuamente.
Nel corso della mostra si ha la sensazione di essere degli estranei. Come se le opere fossero a casa loro e noi fossimo invece gli alieni arrivati qui a tentare di carpirne il senso. Come se ti scrutassero dentro, in attesa del tuo giudizio sulla loro interpretazione o semplicemente in attesa del nostro sguardo sbalordito o del nostro tentativo di comprenderne la logica.
Da creativo ho apprezzato ogni singola installazione, ciascuna nel suo tentativo di de-strutturarsi dal contesto logico tradizionale: ogni opera è una crepa in un punto diverso delle nostre sinapsi, un vortice di ambiguità seducente e contorto.
Un modo di mettersi in gioco, quello di lasciare che le opere di Crazy riscrivano la percezione che abbiamo del reale.
Un modo per rivelare a noi stessi quali sono le nostre crepe sinaptiche e di precipitare dentro di esse, verso un abisso che non conosciamo, che ci fa paura, ma che è anche l’unica effettiva testimonianza della straordinaria complessità rappresentata dal cervello umano.