Cos’è la Mindfulness? Ce lo raccontano Ida Costa e Marco Iannelli di Se tremi sull’orlo

Ho avuto il piacere di incontrare Ida Costa e Marco Iannelli grazie a Luca Strambi, psicologo e psicoterapeuta. Insieme è nata una collaborazione professionale che ha dato vita alla loro attività “Se tremi sull’orlo”, un progetto nato dalla pluriennale esperienza dei due coniugi al servizio di persone che vogliono apprendere questa affascinante pratica. Attualmente, nonostante le difficoltà della pandemia, erogano corsi “in presenza” e online sulla pratica della gestione dello stress e diversi laboratori “in consapevolezza”.
Per maggiori informazioni vi invitiamo a visitare il loro sito www.setremisullorlo.it.
Iniziamo la nostra intervista.
Cari Ida e Marco, ora emerge immediatamente la mia parte “pettegola”. Com’è per voi essere sposati e lavorare insieme?
Ida. Lavorare insieme è un valore aggiunto, è una sfida, a volte faticosa, spesso gratificante. La parte bella e stimolante è quando co-conduciamo i gruppi. Funzioniamo, e senza dirci nulla entriamo in sinergia.
Marco. Devi essere veramente affiatato per lavorare con i gruppi. Siamo naturalmente diversi e ciò rappresenta una ricchezza per noi e per i partecipanti.
Poi, quando tornate a casa, vi ritrovate il vostro collega come coniuge.
Ida. Quando conduciamo un gruppo di Mindfulness stiamo con una forma di attenzione peculiare e in quei momenti si è contemporaneamente, colleghi, amici, coppia. Condividiamo la responsabilità verso coloro che partecipano e che gradualmente, lungo il percorso, si fidano ed entrano in contatto con i propri problemi, dolori e stress. A casa, altrettanto, cerchiamo di mantenere quella qualità di presenza, nonostante sia sempre sfidante portare la consapevolezza nella vita quotidiana.
Marco. Questa in realtà è una disciplina dove non puoi essere una persona diversa tra laboratori e sfera privata. Ciò che insegni, per quanto possibile, cerchi di incarnarlo all’interno di una cornice di valori: compassione, empatia, non giudizio, gentilezza, ecc.
È un processo continuo che dura tutta la vita. La mindfulness è relazionale e parte dalla meditazione in cui sei in intimità con te stesso, per poi incontrare gli altri e il mondo. La vita è la vera insegnante, in definitiva.
Ida. Siamo sempre in apprendimento, la sfida è da quando ci si alza al mattino fino alla sera quando andiamo a dormire. In questo spazio cerchiamo di accogliere ogni cosa, dal dolore alla bellezza, momento dopo momento.
I nostri laboratori hanno quindi questa caratteristica: “io, noi e il mondo”. La prima parte del lavoro consiste nel fermarsi e accogliere quello che emerge. Questo ci sostiene durante la giornata, quando incontriamo “l’altro” nel contesto familiare, in quello lavorativo e nei rapporti sociali.
Quali sono le problematiche più frequenti nei vostri allievi?
Ida. Sicuramente la mancanza di contatto con le sensazioni corporee e le proprie emozioni. Noi invitiamo a scoprirle, esistono nel nostro corpo. Spesso i nostri allievi ne rimangono sorpresi, soprattutto quando scoprono che ci sono un mondo di emozioni radicate nel corpo e comprendono che ciò ha una sua utilità.
Marco. Alcune persone hanno malattie croniche e nonostante tutto riescono a gestire meglio il dolore fisico ed emotivo, tra loro interrelate. Parliamo di esperienze davvero concrete.
Se, ad esempio, una persona soffre di acufeni, cerchiamo di insegnarle un modo per entrare in relazione con questa sensazione spiacevole, provando ad ammorbidirla, per poi lasciarla andare. Insomma, può apprendere un’altra strada, più salutare, di incontrare l’esperienza.
Vi sentite mai investiti da un vertiginoso senso di responsabilità?
Marco. Io sì, è fondamentale che ci sia questo. Può emerge una mia parte intimorita o irrequieta o preoccupata. È proprio questo il mio lavoro personale: accogliere quella parte che si sente così, ammorbidirla, integrarla…
Ida. Questo mi accade quando ci sono persone che esprimono tanto disagio. Mi avvicino con prudenza, attenzione delicata, rispettosa….
Marco. E, infondo, la mindfulness è una sensibilità coltivata, un modo di essere, come accordare costantemente uno strumento e affinare la capacità di vedere la bellezza che è sempre accanto a noi e in noi.
È giunto il momento della domanda che evoca il tema centrale delle nostre interviste: qual è stato il fallimento più evidente nel vostro lavoro?
Marco. Non c’è stato un periodo in particolare, Io penso che il nostro lavoro sia disseminato da piccoli fallimenti da cui apprendere se non si rimane impigliati nella morsa dell’autogiudizio.
Ida. In ambito lavorativo si tratta di errori più che di fallimenti. Quel giorno, magari, non ero predisposta all’ascolto oppure ho dato una risposta affrettata. Sono dei passaggi che analizziamo in un secondo momento.
Marco. In serata, infatti, ci scambiamo un feedback su come è andato l’incontro.
Per noi il fallimento è opportunità. Questo è il tipo di formazione che abbiamo ricevuto: siamo più del nostro fallimento. Ognuno di noi ha enormi risorse interiori inespresse. Con un adeguata facilitazione, è possibile farle emergere, goderne, assaporando la possibilità di una vita meno contratta, più piena e soddisfacente.
Qual è il punto di forza della vostra attività?
Marco. L’empatia. È fondamentale essere empatici con le persone, ascoltare i loro problemi, essere “in presenza” e “in consapevolezza” accanto a loro.
Quale aspetto preferite del vostro lavoro?
Ida. La concretezza. È possibile verificare, attraverso i feedback dei partecipanti, l’esperienza che hanno vissuto nel “qui e ora”; ed anche se la facilitazione è stata efficace.
Marco. Per me è l’opportunità di lavorare e relazionarsi con persone sempre nuove, differenti tra loro e la possibilità di essere testimone privilegiato del loro fiorire.
Una domanda di rito, da rispondere personalmente. Se viaggiassi indietro nel tempo e incontrassi te stesso sul punto di iniziare, cosa ti diresti?
Ida. Ci penso un po’…
Marco. È una magnifica avventura, buttati!
Ida. Vai, corri! Non rimanere impigliata nelle difficoltà.
In cosa vorreste migliorare personalmente?
Ida. Le nostre professioni assorbono molto tempo, ed oltre ai corsi mi piacerebbe dare spazio ad una maggiore progettualità, uno sguardo più analitico proiettato verso il futuro per gestire meglio i prossimi passi professionali.
Marco. Sono d’accordo con Ida. Vorrei guardare più al futuro senza perdere la cognizione del presente. Il nostro motto è “visionari e concreti”.
Ida e Marco, grazie per la vostra testimonianza e per il prezioso tempo trascorso insieme.
Per ulteriori informazioni sulle numerose attività di Ida e Marco, vi suggeriamo di visitare il loro sito setremisullorlo.it. All’interno troverete, oltre al calendario dei corsi, diversi articoli sulla mindfulness, cibo, spiritualità, consapevolezza…
… insomma, buona lettura!