Come convertire un semplice racconto in una storia di successo
Sabato scorso un mio amico mi chiede di accompagnarlo in un negozio di giocattoli per acquistare un regalo di natale per il suo nipotino. Accetto immediatamente l’invito: niente di più bello per respirare un po’ di sano clima natalizio.
Dopo aver scelto il regalo perfetto per l’occasione (un parcheggio di legno per macchinine, tanto per affrancarci con le difficoltà dei parcheggi a Roma), paghiamo in cassa. Vicino alla porta d’uscita c’è uno stand che si occupa di impacchettare regali in cambio di una libera offerta. La ragazza ci spiega che questi soldi sarebbero stati utilizzati per acquistare medicine e infrastrutture in Uganda.
Ora… il progetto è genuino, abbiamo lasciato un’offerta sostanziosa, ma qualcosa non andava: la ragazza descriveva questo progetto “a memoria”, si focalizzava esclusivamente sull’obbligo morale di aiutare finanziariamente il Terzo Mondo. Il suo racconto si sposava bene sul piano etico, ma io sinceramente non provavo alcun interesse per l’argomento, descritto in modo così distante e freddo. Tra di noi si era creato un muro costruito con mattoni di imbarazzo: da una parte lei voleva recitare la “poesia a memoria”, dall’altra noi non desideravamo altro che scappare da quella situazione.
Chissà quante volte sarà capitato anche a voi di trovarvi in una situazione del genere.
E sinceramente – a mio discutibilissimo giudizio – reputo inopportune le scelte promozionali di alcune fondazioni onlus del settore, tipo l’Unicef, poiché basano il loro core-business sul senso di colpa: acquistano spazi pubblicitari nelle ore dei pasti, cosicché tu e la tua forchetta avvolta negli spaghetti possiate avvertire quel senso di disagio osservando un bambino con gli occhi pieni di lacrime e di mosche. A mio avviso non è questo il modo per promuovere un progetto così importante ed essenziale.
Mentre la ragazza terminava l’incartamento, le faccio una domanda abbastanza personale:
“Perché tu sposi questo progetto?”
La ragazza cambia totalmente espressione, un velo di sorriso sul suo volto elimina tutto l’imbarazzo e il suo sguardo per la prima volta si posa sul nostro. Ci racconta della sua laurea in Scienze politiche e internazionali, dei suoi viaggi in Mauritania ed in Uganda: per la prima volta dietro quegli incartamenti emerge l’anima, la passione che l’ha spinta fuori dall’Italia per conoscere nuove realtà. Ci siamo sentiti più vicini al suo sogno e alle difficoltà che implicano per realizzarlo.
Il suo racconto mi ha messo in contatto con il mio sogno, e con l’obbligo di proteggerlo a tutti i costi.
Ecco svelato il segreto: piuttosto che raccontare una storia o un progetto in modo impersonale, distaccato, proviamo a descrivere la passione che c’è dietro a quel sogno.
Perché?
Perché tutti noi sogniamo almeno una volta al giorno.