Papa Francesco: il comunicatore che ha cambiato il linguaggio della Chiesa. Parole e gesti più umani, più veri
Papa Francesco: il comunicatore che ha cambiato il linguaggio della Chiesa.
Non è solo un titolo, ma un’affermazione che sintetizza una delle rivoluzioni più silenziose — e allo stesso tempo più potenti — degli ultimi decenni.
Non stiamo parlando di dottrina, né di teologia. Stiamo parlando di qualcosa che, per chi fa comunicazione, ha un peso enorme: il linguaggio, inteso come modo di stare nel mondo, di parlare agli altri, di farsi ascoltare.
Quando il cardinale Jorge Mario Bergoglio salì sul balcone di Piazza San Pietro il 13 marzo 2013, qualcosa cambiò per sempre.
Non per quello che disse, ma per come lo disse. “Fratelli e sorelle, buonasera.”
Tre parole. Nessuna formula rituale. Nessun effetto scenico. Solo la scelta di partire da un saluto familiare, diretto, che suonava come un invito a entrare in relazione. Da subito fu chiaro che questo Papa avrebbe parlato un’altra lingua: quella della vicinanza, dell’autenticità, della sobrietà.
Comunicare non per imporsi, ma per entrare in relazione
È questa la lezione più forte che ci ha lasciato Papa Francesco: la comunicazione non serve a imporsi, a convincere, a ottenere consenso. Serve — o dovrebbe servire — a costruire relazione.
Questo approccio si è manifestato fin dai primi giorni del suo pontificato, ma ha continuato ad accompagnarlo in ogni apparizione pubblica, in ogni viaggio, in ogni gesto.
Non ha mai avuto bisogno di slogan. Eppure, alcune sue espressioni sono diventate memorabili. Perché erano vere, sentite, figlie di un pensiero semplice e profondo.
Ma soprattutto coerente. Francesco ha comunicato sempre con le parole, ma anche con i silenzi, con le scelte, con i dettagli: dalla rinuncia agli appartamenti pontifici, all’uso di un’auto semplice, fino al modo in cui abbracciava i bambini o si chinava sui poveri.
Per noi che lavoriamo con le identità e i messaggi, è impossibile non vedere in questa linea di coerenza una strategia comunicativa potentissima. Non costruita a tavolino, ma nata da una visione chiara: la forma è sostanza, e ogni scelta parla.
Una comunicazione che si fa gesto, simbolo, azione
Pensiamo all’uso dei social. Papa Francesco è stato il primo Pontefice ad avere una vera presenza su Twitter (oggi X). I suoi messaggi erano brevi, incisivi, carichi di umanità. Non parlavano solo ai fedeli, ma a chiunque avesse voglia di fermarsi un momento a leggere.
Erano contenuti condivisibili, nel senso più vero del termine. Perché toccavano corde universali, con parole scelte con cura.
E poi c’erano i gesti. Perché ogni gesto di Papa Francesco era comunicazione pura.
Ricordiamo tutti il momento in cui baciò i piedi ai leader del Sud Sudan. O quando volle visitare Lampedusa, all’inizio del suo pontificato, per lanciare un messaggio di solidarietà verso i migranti. O ancora quando pregò, da solo, sotto la pioggia, in una Piazza San Pietro deserta durante la pandemia.
Tutti atti fortemente simbolici. Tutti capaci di produrre immagini indelebili, che hanno parlato al mondo intero senza bisogno di spiegazioni.
E questa è forse una delle lezioni più grandi che ci ha lasciato: la comunicazione più potente è quella che non ha bisogno di troppe parole.
Francesco e il potere della vulnerabilità
C’è un altro aspetto che rende unica la comunicazione di Papa Francesco: la sua vulnerabilità mostrata senza paura.
Non ha mai cercato di apparire invincibile. Ha parlato delle sue fragilità, ha chiesto perdono, ha fatto autocritica sulla Chiesa. Ha riconosciuto i limiti dell’istituzione e del potere, mettendosi spesso dalla parte di chi ascolta, più che da quella di chi insegna.
Anche in questo, la distanza con i leader religiosi e politici tradizionali è stata evidente. Francesco non ha mai cercato il consenso facile, ma ha scelto di affrontare anche temi divisivi: l’inclusione, la giustizia sociale, la povertà, l’ambiente, la pedofilia nella Chiesa.
Chi comunica sa quanto sia rischioso esporsi. Ma sa anche quanto questo renda il messaggio autentico. E Papa Francesco è stato un maestro nel fare della fragilità una forma di forza.
Cosa ci insegna oggi, al di là della fede
Che si sia credenti o meno, Papa Francesco ha insegnato qualcosa di prezioso a chiunque lavori nel mondo della comunicazione, del marketing, della narrazione.
Ha dimostrato che:
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La verità arriva più lontano della perfezione.
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Il linguaggio semplice può parlare a tutti, senza banalizzare.
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La coerenza tra ciò che dici e ciò che fai è la base della fiducia.
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Ogni gesto è un contenuto.
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Anche il silenzio può essere un messaggio.
Nel nostro lavoro, siamo spesso chiamati a costruire “strategie”, a definire “tone of voice”, a scrivere “call to action” efficaci. Ma se c’è una cosa che Francesco ci ha insegnato, è che il cuore della comunicazione è l’intenzione con cui la pratichiamo.
Quando c’è coerenza, quando c’è verità, quando c’è un’urgenza reale di comunicare qualcosa — allora le parole funzionano. E fanno strada.
Un’eredità comunicativa che resta viva
Papa Francesco è morto il 21 aprile 2025. E con lui si chiude un capitolo importante della storia recente della Chiesa.
Ma la sua voce, il suo stile comunicativo, la sua scelta di stare nel mondo con mitezza e fermezza insieme, resteranno come esempio per chiunque voglia imparare a comunicare in modo autentico.
Noi di Musa Studio, che ogni giorno lavoriamo con parole, immagini e identità, guardiamo a figure come Francesco con un rispetto profondo.
Non solo per il ruolo che ha ricoperto, ma per la coerenza radicale con cui ha usato il linguaggio come ponte, mai come barriera.
Ed è questo che ci porteremo dietro: la consapevolezza che comunicare bene non significa dire tutto, ma saper scegliere cosa dire, come dirlo, e — soprattutto — perché.
Vuoi imparare a comunicare con autenticità?
La comunicazione efficace non è solo una questione di tecnica, ma di verità, coerenza e ascolto.
Se senti che è il momento di dare un’identità chiara, umana e riconoscibile al tuo brand, parliamone.
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